
Non credevo che quest’anno sarei andato alla Mostra del Cinema di Venezia, il primo e più antico festival cinematografico al mondo. E invece sì, eccomi qua, ho scelto di esserci anche quest’anno, nonostante tutte le restrizioni, l’angoscia e le paure che perseverano in ognuno di noi. Paure mascherate da una forza di volontà di ricominciare a pensare che tutto, prima o poi, tornerà alla normalità. Sono qui per condividere insieme agli altri l’esperienza dell’Ischia Film Festival in epoca Covid, il primo festival cinematografico italiano ad essersi svolto in presenza di pubblico e di talents, (oltre che on Line.)A raccontare la nostra esperienza, la nostra storia, si perché abbiamo fatto storia (che piaccia o meno a qualcuno) rischiando e dimostrando che con i dovuti accorgimenti e con professionalità gli eventi culturali si possono svolgere anche in un momento terribile come questo. Anche se dopo una settimana altre manifestazioni, tra balli e feste, con la scusante di rappresentare il cinema, si svolgevano come se nulla fosse accaduto, eventi poi premiati anche con lauti contributi che ti portano a riflettere. Ma l’Italia é questa, é l’Italia dei segreti di stato, dei misteri, delle lobby, dove la logica e la meritocrazia viene travolta dell’ormai vecchio e decrepito sistema di favoritismi, che nonostante il mondo intorno si evolve cerca ancora di imporsi la dove i suoi rappresentanti decidono le sorti del paese. Sono a Venezia, grazie a “Lario Fiere” e alla “Fondazione Ente dello Spettacolo” per rappresentare il “Cineturismo”, quello che ormai da 20 anni vado illustrando in giro per il mondo, dove ovunque riscuote successo e introiti economici legati al fenomeno e in Italia stenta a decollare, ma riempie (e va bene così per molti) la comunicazione dei vari assessori di turno convinti che basti girare un film sul propio territorio per avere i cineturisti. Ma sono qui come tutti a respirare sotto una mascherina che fino all’anno scorso pensavo di vedere solo negli ospedali o nelle serie televisive di E.R., e invece no, sono il nostro abbigliamento quotidiano, la indossi come indossi al mattino l’orologio, il bracciale e la cravatta. Non la dimentichi più come magari facevi all’inizio, altrimenti non puoi uscire fuori dalla tua tana, il pericolo c’è e continua ad esserci anche se invisibile. Giro la mostra che é quasi semideserta, negli incontri non si parla di come é andata, ma si vocifera che dai 14.000 accreditati dell’anno scorso si é arrivati quest’anno ad un massimo di 5.000. Le poche star, per la gioia dei fotografi, per la stampa del settore e per dimostrare che il festival si svolge, ci sono, senza mascherina agli scatti, ma anche loro appena sono fuori dalle conferenze, dai loro ruoli, la indossano, sono umani come tutti noi, non sono più quei personaggi immortali che abbiamo spesso idealizzato. Il mostro attacca anche loro, le luci della ribalta non bastano a proteggerli, neppure la statuetta di un premio. Non è questa la mia mostra del Cinema di Venezia, dove gli incontri sono fugaci, solo quelli indispensabili. Mi mancano le file alle sale, le attese, le corse tra un film e l’altro, gli abbracci, gli incontri, le feste dopo le proiezioni, persino la folla di ragazzini in attesa del red carpet, mi mancano. In questa piccola mascherina c’è raccolto tutto questo per me. Sembra di essere parte della frase di Pirandello “Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti”, e camminando credi che tutti siamo su un grande set di un film di fantascienza, mentre l’elicottero della polizia instancabilmente compie il suo ennesimo giro nell’area che sovrasta la mostra, quasi a controllare dall’alto se ci sono assembramenti o persone senza mascherina. Una protezione che togliamo solo quando ci sediamo in quel fugace momento per alimentarci, o per prendere una boccata tossica di fumo dopo un caffè, poi ritorna sempre lì, stampata sul nostro muso, che ci fa evitare gli abbracci, che ci nasconde i sorrisi, che abilmente abbiamo imparato a sostituirli con l’espressione degli occhi e delle sopracciglia. Solo la sera quando ritorno in camera, mi libero di questa maledetta maschera e respiro senza, nella mia camera d’albergo, dove c’è sempre il condizionatore a palla, dopo che la cameriera ha rifatto la stanza, dopo aver lavato per l’ennesima volta le mani, e sanificato per l’ennesimo volta il telefonino che per paura magari avrai appoggiato a qualche parte inconsapevolmente. E ti arriva il messaggio dell’amico che ti dice “sei al festival a Venezia, beato te.” Beato saro domani, amico mio, al rientro nella mia isola, dove può sembrare strano, ma per me tutto sembra più facile, circondato dai miei affetti, dai miei cani, dalle mie piante, e dal mio computer,inseparabile compagno di vita da oltre otto mesi, che mi permette di lavorare da casa, o in giardino all’aria pura delle mie piante, li si che sono beato. Forse non fregherà a nessuno quello che scrivo in queste righe, ma servono alla mia memoria, a ricordarmi che non é servito pensare e scrivere “andrà tutto bene”, perché per ora no, non va ancora bene. #77mostradelcinemadivenezia#IschiaFilmFestival#travelingforfestival
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