Sono sempre più convinto, come dimostrano vari studi scientifici, che ogni particella dell’universo interagisca con tutte le altre, anche se in modo sottile o indiretto. Ogni cosa è collegata. Il battito delle ali di una farfalla in Cina può influenzare il percorso di un uragano nell’Atlantico. Questo ci ricorda che ogni individuo ha un ruolo fondamentale su questo pianeta: siamo tutti parte di un sistema più grande, in cui ogni azione conta.
Tuttavia, alla luce della situazione attuale, specialmente in tempi di pandemia globale, è evidente che il comportamento umano sta diventando sempre più imprevedibile e spesso abitudinario. Questa crisi mi porta a riflettere sulla necessità di una sorta di “selezione della specie”. Mi riferisco a quella parte dell’umanità che, pur avendo uno scopo e un potenziale, nel quotidiano finisce per ostacolare l’evoluzione di chi cerca di adattarsi e migliorare.
Penso, ad esempio, a quei dipendenti pubblici che nel 2020 ancora non sanno utilizzare la tecnologia a loro disposizione. Persone che, per paura del cambiamento, si bloccano di fronte a nuove sfide, frenando l’intero sistema. Sono individui che, concentrati solo su sé stessi, non riescono ad avere una visione più ampia della vita e del mondo che li circonda.
Non voglio indicare una categoria specifica, perché questi atteggiamenti si trovano ovunque: nei settori pubblici, tra i lavoratori autonomi, e in ogni sistema. Queste persone, pur producendo qualcosa, finiscono per interrompere il flusso naturale dell’evoluzione. Mancano di quella sensibilità verso la perfezione della natura e il rispetto per le altre specie viventi, spesso considerate dall’uomo come inferiori.
Penso a loro, a quelle persone che incrociamo nella nostra quotidianità e che ci causano tensione, rabbia, stress, compromettendo il nostro equilibrio mentale e fisico. La natura è perfetta, mentre noi siamo solo una delle tante specie che abitano questo pianeta. Come diceva Aristotele, “l’uomo è un animale sociale”, capace di stringere e sciogliere legami.
Forse, però, siamo davvero la razza più crudele: generiamo guerre, odi razziali, virus e altre catastrofi, spesso solo per ottenere potere personale. A differenza degli animali, che uccidono per sopravvivere o per difendere il proprio territorio, l’essere umano elimina ciò che non riconosce come simile.
Sebbene possa sembrare una contraddizione, credo che il mondo potrebbe fare a meno di queste persone. La storia ci insegna che il passato è sempre stato lo specchio del futuro, per chi sa guardarlo. Se alcune persone non sono disposte a evolversi insieme al resto dell’umanità, allora forse è giusto che il mondo continui senza di loro. Il pianeta sopravviverà, sempre e comunque, e forse in questo modo faciliteremo davvero l’evoluzione della nostra specie, proteggendo il pianeta e rispettando le altre forme di vita che lo abitano.
Siamo tutti parte di un grande ingranaggio universale. Ogni nostra azione ha un impatto, per quanto piccolo. Il futuro appartiene a chi è in grado di cambiare e adattarsi, rispettando non solo gli esseri umani, ma anche il pianeta che ci ospita.








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